Si fa sempre più fatica a fotografare il presente in tema di economia. Gli slogan ottimistici sul futuro (spinti ad arte per provare disperatamente a rilanciare i consumi) non riescono però a nascondere l’altra parte della verità, quella che si può dedurre sommando alcune informazioni che ogni giorno raccogliamo nell’overload di notizie.
Bene, tra le notizie di ieri quelle che mi hanno colpito di più (soprattutto se sommate) sono queste:
- Inversione dell’aspettativa di vita. Secondo l’Istat i nuovi nati vivranno un po’ meno rispetto alla generazione attuale. Non molto, qualche mese. La vita media per gli uomini dovrebbe restringersi da a. Per le donne da a. Il dato suona incredibile se ponderato con i miglioramenti tecnologici e scientifici in essere e con quelli che ci si augura verranno e su cui la nuova generazione potrà contare. E’ un po’ come ammettere, già da adesso, che stress e alimentazione sempre più tossica frutto di un processo industriale globale e deregolamentato probabilmente prevarranno ai benefici della ricerca scientifica.
- Il governatore Mario Draghi in un discorso a Lisbona ha parlato del “rischio generazione perduta derivante dall’elevata disoccupazione giovanile”. Il tasso di disoccupazione tra i giovani è oggi superiore al 40% in Italia (ma il dato dell’Eurozona non si discosta di molto). Al momento una buona parte di questi giovani è sussidiata dalla “generazione precedente” che non a caso vanta la ricchezza (in rapporto al Pil) migliore tra i Paesi industrializzati.
Provando a fotografare il presente, quindi, siamo in un momento in cui i giovani fanno fatica a trovare lavoro e se lo trovano non possono contare su remunerazioni tali da avere certezze per il futuro. In più i figli di questi giovani nascono con un bagaglio genetico e sociale più debole, motivo per cui la loro aspettativa di vita è più bassa. Sono segnali inequivocabili di un mondo che sta procedendo al contrario. La rincorsa sfrenata al progresso ha raggiunto probabilmente un punto di non ritorno.
Secondo Draghi, per ridurre il “rischio generazione perduta” occorrono azioni decisive per la politica. Ma fino a che Draghi è anche il governatore della stessa banca centrale che prende decisioni anche per il Paese in questo momento più forte dell’area euro, ovvero la Germania, e fino a che ci saranno grafici del genere
(mi riferisco alla violazione ripetuta e impunita delle regole europee sui saldi delle partite correnti che non possono superare il 6% del Pil come media triennale, proprio per evitare di fomentare gli squilibri commerciali tra i Paesi europei, gli stessi che stanno creando ulteriori problemi alla crescita armonica dell’area) c’è francamente poco da fare. E poco da illudersi.