Inesorabile sta montando nelle ultime ore il tema di espandere la spesa pubblica nell’ottica di aumentare gli investimenti per dare slancio all’economia. Sarà un tema nevralgico di cui si parlerà in occasione del prossimo G20, in programma questo week end a Shanghai. In quell’occasione la Cina ha intenzione di criticare pubblicamente l’attuale assetto europeo, in particolare i trattati di Maastricht che impongono vincoli di bilancio rigidi. Senza se e senza ma. Sheng Songcheng, alla guida del centro studi della People’s Bank of China, ha scritto oggi che la Cina aumenterà il deficit/Pil anche oltre il 4% se occorrerà per ammortizzare i contraccolpi delle riforme. Nelle scorse ore persino l’Ocse, l’ente parigino fedele alla logica del rigore dei conti pubblici, ha cambiato vento raccomandando l’espansione della spesa pubblica. Ma allora cosa sta succedendo? Improvvisamente si sono tutti resi conto, comprese le roccaforti neoliberali, che in tempi di crisi della domanda non esiste una ricetta alternativa all’aumento del deficit? Insomma, stanno ora dando tutti ragione a Keynes?
E’ certamente un dibattito interessante destinato a crescere nelle prossime settimane anche perché il Fondo monetario internazionale ha annunciato che sta per tagliare le stime di crescita globale ancora una volta. Mentre l’Eurozona ha rivisto al ribasso l’inflazione a gennaio: dal gramo 0,4% all’ancor più gramo 0,3%. Il problema dell’Eurozona è che ragiona per area in certi momenti e per singole unità in altri. Se ragionasse per area considerando i margini della spesa pubblica non ci sarebbero troppi problemi ad espanderla: in questo momento il debito/Pil dell’area è al 95% e il deficit/Pil è al 2,2%. Il debito/Pil degli Usa è invece del 103%. Se si ragionasse in termini aggregati l’Eurozona avrebbe spazio per aumentare la spesa pubblica in investimenti, condizione indispensabile per rilanciare la crescita.
Del resto, le politiche attuate da altri Paesi indicano che il quantitative easing (ovvero la Banca centrale che immette liquidità) è stato sempre affiancato da misure di espansione fiscale attraverso la leva del deficit.
Gli Usa hanno fatto Qe dal 2009 al 2014, ma allo stesso tempo nel bel mezzo del Qe hanno ampliato il deficit, tra l’8% e il 12%.
Lo stesso ha fatto la Gran Bretagna, l’altro Paese che si è mosso prima di tutti nell’attuare il Qe.
Questi due Paesi oggi registrano tassi di crescita più alti dell’Eurozona e durante gli anni della crisi sono cresciuti ovviamente di più, grazie alla leva fiscale. E’ quindi ovvio che l’Eurozona deve cambiare direzione (adesso lo dice anche l’Ocse!) altrimenti l’inflazione (quel minimo che è sana) e la crescita resteranno strutturalmente basse. Se l’Eurozona confida unicamente nel Qe della Bce per ripartire dimostra di non aver ancora una volta capito dagli errori del passato (eccesso di austerity) e di essere allo stesso tempo ottusa nel non voler intraprendere la strada che hanno seguito gli altri.