Tra i punti fermi dell’ordine delle cose c’è che la Terra gira intorno al Sole. Bene, stando alle nuove logiche della finanza non è più così. Tra i punti fermi finora c’era che i tassi dei titoli di Stato e delle obbligazioni in senso lato girassero intorno all’inflazione. Non è più vero. L’inflazione non c’è e se ne intravedono briciole all’orizzonte. Così i tassi nominali dei titoli oggi praticamente coincidono con quelli reali. O in molti casi sono addirittura superiori!
Benvenuti nell’era dei tassi bassi. Non è un momento destinato a durare poco ma appunto quella che stiamo vivendo pare destinata a diventare un’era. I grandi Paesi industrializzati faticano oggi a creare inflazione e, adesso, anche la Cina vede l’inflazione scendere sotto la soglia del 2%. Il mondo industrializzato – complice i ritmi devastanti imposti dalla globalizzazione al progresso e alla riduzione dei salari – si sta tecnicamente giapponesizzando. In Giappone l’inflazione è un miraggio da più di 15 anni e anche in Europa e Stati Uniti si procede ormai in quella direzione.
Dal punto di vista finanziario questo implica che oggi oltre i 3/4 delle obbligazioni governative in circolazione abbiano tassi di interesse inferiori all’1%. Oltre la metà viaggia sotto il 2% e il 14% viaggia addirittura a interessi negativi con una tendenza esponenzialmente in aumento. Se a fine 2015 il controvalore di bond governativi con un rendimento nominale negativo era pari a 3mila miliardi di dollari oggi siamo a quota 5.500 miliardi di dollari, o 5,5 trilioni se preferite questa unità di misura.
In Svizzera i bond governativi pagano un rendimento sottozero addirittura fino a scadenze di 15 anni, in Germania arriviamo a 7 anni, in Francia a 5 e così via. Chi compra questi titoli paga un prezzo per mantenerli in portafoglio. Questo spiega perché i grandi investitori impazziscano per i BoT a 12 mesi nonostante i tassi negativi e per i BTp a 10 anni che offrono ancora qualche briciolo di rendimento.
I tassi dei bond non girano più intorno all’inflazione, perché questa non c’è o ve n’è troppo poca. Di conseguenza i titoli di Stato (nel cui rendimento normalmente vengono incorporati il rischio di default dell’emittente proporzionale alla scadenza e le aspettative di inflazione) in questo momento prezzano solo il rischio emittente, rischio che è peraltro ridotto al lumicino dato che dietro ci sono le banche centrali che fanno quantitative easing (ovvero dichiarano pubblicamente di comprarne mensilmente una quantità). E quale speculatore si sognerebbe mai di andare contro una banca centrale che potenzialmente ha una quantità di fuoco (denaro) illimitata?
Quindi, per un piccolo risparmiatore anche i titoli di Stato sono diventati un territorio bollente perché i prezzi (che si muovono in direzione opposta ai rendimenti) sono carissimi. Pertanto, in assenza di uno spiraglio di prospettiva di inflazione, è davvero rischioso oggi prendere posizione su questi strumenti, strumenti che un tempo erano i preferiti dei piccoli risparmiatori. Oggi invece sono il terreno prediletto per le banche e gli investitori istituzionali che li utilizzano per parcheggiare la liquidità. Così facendo detenere liquidità costa senza dubbio meno rispetto a parcheggiarla presso il conto che le banche devono detenere presso la Bce visto che oggi la Bce chiede in cambio una tassa dello 0,3% (il tasso sui depositi è infatti a quota -0,3%).
Il mondo è profondamente cambiato. In finanza, la Terra non gira più intorno al Sole.