Circa un anno fa in Grecia fu avanzata l'idea di un referendum sulla permanenza nell'euro. Quel referendum, proposto dal socialista George Papandreu, non è mai stato fatto ma l'idea di Papandreu era questa: "I cittadini saranno chiamati a dire un grande sì o un grande no al nuovo accordo. Questo è un atto supremo di democrazia e di patriottismo per il popolo, che sarà invitato a decidere. Abbiamo il dovere di promuovere il ruolo e la responsabilità dei cittadini”.
A distanza di un anno si torna a parlare di referendum per l'euro. Ma non nella piccola Grecia (Pil di 300 miliardi di euro) ma della grande Italia (Pil di circa 1.600 miliardi, il terzo dell'Eurozona dopo Germania e Francia). Ad agitare lo spettro è Beppe Grillo, leader del "Movimento 5 stelle" che secondo gli ultimi sondaggi sarebbe il secondo partito d'Italia con una percentuale del 20%.
Grillo oggi ha detto: "La decisione di rimanere nell'euro – ha scritto il leader del Movimento 5 Stelle nel decalogo pubblicato sul suo blog – spetta ai cittadini italiani attraverso un referendum, questa è la mia posizione. Io ritengo che l'Italia non possa permettersi l'euro, ma devono essere gli italiani a deciderlo e non un gruppo di oligarchi o Beppe Grillo".
Il mio punto di vista è il seguente: l'euro (che vale 1,28 dollari, quindi tecnicamente più forte in questa economia piena di paradossi, del dollaro che però resta la riserva di valuta mondiale) è una moneta troppo forte per il sistema Paese Italia. Soffoca le esportazioni e il made in Italy che certo avrebbero uno slancio diverso con una propria valuta.
L'Italia, però, non è nelle condizioni di emulare l'Argentina (quando si sganciò dal dollaro). Perché è anche un forte importatore di materie prime energetiche (l'Argentina ha le risorse in casa). In caso di uscita dall'euro la bolletta energetica sarebbe devastante. A ciò bisogna aggiungere i costi di uscita dall'euro e di conversione delle attività in un'altra valuta. Costi che valgono ovviamente per qualsiasi Paese dell'area euro, Germania compresa. Un'uscita dall'euro, inoltre, potrebbe causare un aumento dell'inflazione (al di là della percentuale fisiologica che è positiva anche in funzione di un abbattimento del debito pubblico) e una risalita dei tassi con conseguenze fuori controllo.
In sostanza, l'Italia non ha la forza di restare nell'euro (a queste condizioni) ma neanche quella di uscirne. Ecco perché bisogna lavorare alacremente sugli Stati Uniti d'Europa con la condivisione del debito, dei principi e degli obiettivi di fondo senza per questo commettere il grave errore di cedere la sovranità a un'unità sovranazionale.