Chiudiamo gli occhi per un istante e proiettiamoci indietro nella linea del tempo all'aprile 2011. Alzi la mano chi già allora parlava abitualmente di spread. Adesso torniamo al 1 marzo 2012 e sfogliamo un qualsiasi quotidiano. Alzi la mano chi fatica a trovare/ascoltare la parola spread disseminata un po' dappertutto. Ultimo esercizio: richiudiamo gli occhi e proiettiamoci per un istante a luglio 2012. Alla prossima estate. Immaginiamo che questa parola sia scomparsa. Ignorata da quotidiani, tv e web. Che non se ne parli più. Che dal barbiere o alla fila al supermercato si torni a parlare anche di questioni un po' più frivole.
Riapriamo gli occhi. Siamo di nuovo al 1 marzo 2012. Cosa c'è? C'è che lo spread tra BTp e Bund è a 317 punti, il livello più basso degli ultimi 7 mesi. Con rendimenti sotto il 5% (a novembre erano all'8%). C'è che se si prende in esame la curva breve dei rendimenti si scopre che i BTp a 2 anni sono scesi sotto il tasso del 2%, esattamente all'1,9%. C'è che su questa scadenza l'Italia è tornata ad essere considerata più sicura della Spagna che sugli stessi titoli paga un tasso più caro (2,2%). C'è che Monti ieri – intervistato da Bloomberg – ha detto che non crede che tornerà a salire.
C'è che lo spread è tornato ai livelli di agosto. E c'è che se tornasse ancora un po' più indietro, ai livelli di aprile (quando era sotto i 150 punti), dove il nostro esercizio è cominciato, non farebbe più paura a nessuno. E uscirebbe dalla vita di tutti giorni. Per restare solo un freddo parametro finanziario per addetti ai lavori. Dove è giusto che stia. E che torni presto. Magari prima dell'estate.