I mercati finanziari dovrebbero rappresentare un'intelligenza collettiva perfetta. Ma in questo momento sembrano in preda a un deragliamento pieno di paradossi. Come può non essere considerato tale, infatti, il fatto che in occasione dell'aumento di capitale UniCredit valga in Borsa meno della sua controllata polacca? Oppure che Banco Santander - l'istituto spagnolo che secondo l'European banking authority deve trovare al più presto 15 miliardi di euro per riequilibrare il patrimonio – valga in Borsa più delle prime cinque banche italiane?
E' talmente semplice in questo momento pescare nel campo dei paradossi: ovunque si pone lo sguardo si notano delle perplessità nel raffronto delle valutazioni che i mercati danno di asset correlati.
Tralasciando gli esempi sul mercato azionario, spostiamoci per un secondo sul mercato obbligazionario. Spostiamoci al famigerato spread tra BTp e Bund. Come può essere possibile che fra i bond a 10 anni di Italia e Germania ci siano più di 500 punti base (ovvero i titoli itailani pagano interessi più cari del 5% rispetto ai governativi tedeschi) quando un'eventuale uscita dall'euro causerebbe – come ricordato da uno studio di Confindustria – anche un default della Germania? Con un ritorno ciascuno alla propria valuta, infatti, la Germania perderebbe il suo punto di forza (le esportazioni) per effetto di una immediata sopravvalutazione del marco.
Insomma, se due Paesi (pur con valori patrimoniali differenti) sono sulla stessa barca (euro) con i medesimi rischi (default) che senso ha che il mercato esprima valutazioni e rendimenti (e quindi livelli di rischio) così distanti?