Nel 2008 l'agenzia delle Entrate pubblicò i redditi degli italiani, relativi all'anno fiscale 2005. Ma dopo poche ore arrivò un dietrofront clamoroso che ne impose la cancellazione. Dietrofont servito, in realtà, a ben poco. Perché il materiale divulgato era ormai appannaggio della rete. E così quei redditi, contribuente per contribuente, finirono su varie fonti di download (legali e no). Lasciando scoprire che molti sospetti (sul vicino di casa o sul negoziante più gettonato del Paese) erano fondati. In questo modo, sono bastati pochi secondi di estrema trasparenza per far venire a galla casi clamorosi: dentisti che dichiaravano un redditodi 3mila euro l'anno, parrucchieri che chiudevano l'eseercizio con 1.000 euro, etc.
Adesso, per contrastare la lotta all'evasione fiscale e reperire quei 45 miliardi di euro necessari per anticipare il pareggio di bilancio al 2013 (anziché 2014) come acclamano Unione europea e mercati finanziari, il governo ci riprova. Tra gli emendamenti alla manovra di Ferragosto c'è anche uno che dà la possibilità ai Comuni di pubblicare online i redditi dei contribuenti.