Dollaro sempre più in basso e petrolio sempre più in alto. La nuova settimana finanziaria si apre allo stesso modo
con cui si era conclusa la precedente. Con il biglietto verde che continua a
perdere terreno nei confronti dell’euro scivolando fino a 1,5064, il minimo
degli ultimi 14 mesi.
Ovviamente questa notizia non fa piacere alle tante
imprese italiane che esportano in Paesi dove la valuta dominante è il dollaro.
Allo stesso tempo la debolezza del dollaro si riflette in
modo inversamente proporzionale sull’andamento del prezzo del petrolio che
continua a risalire e si è portato oggi a quota 81 dollari. Come mai? Il
petrolio è scambiato in dollari: quindi se il dollaro scende vuol dire che ci
vogliono più biglietti verdi per aggiudicarsi lo stesso barile di greggio.
A questa spiegazione razionale se ne aggiunge un’altra,
meno scientifica, legata alla speculazione. Sul tema è intervenuto oggi anche
il presidente dell’Autorità italiana per l’Energia, Alessandro Ortis, che ha
sottolineato che “quello del petrolio in realtà non è un mercato”. “Esiste
un cartello codificato che si chiama Opec, l’organizzatore dei paesi
esportatori di petrolio. Il prezzo è pertanto influenzato da questo cartello e
dalla speculazione”.
«I prezzi non sono veri
– ha proseguito – così come i volumi. Basta pensare che i barili di carta sono
dieci volte superiori a quelli reali. C'è tanto legato alla speculazione e
tanto alla politica». Per questo motivo – secondo Ortis – l’Unione europea deve intervenire fissando delle regole in questa giungla.
Le previsioni? Secondo gli analisti
non è da escludere l’ipotesi che il petrolio vada verso quota 100 dollari e il
dollaro scivoli fino a 1,6. Scenario che vedrebbe il prezzo della benzina
aumentare ancora e le esportazioni italiane ulteriormente penalizzate.