Variazioni percentuali dei prezzi delle abitazioni (1997-2007) | ||||
Sud Africa | 369 | Belgio | 129 | |
Irlanda | 251 | Svezia | 126 | |
Gran Bretagna | 205 | Danimarca | 118 | |
Spagna | 184 | Nuova Zelanda | 114 | |
Stati Uniti | 175 | Olanda | 97 | |
Australia | 139 | Italia | 92 | |
Francia | 137 | Canada | 72 | |
Fonte: Elaborazioni The Economist su fonti varie |
Secondo il III rapporo sul mercato immobiliare presentato ieri da Nomisma, società di studi economici e di policy advice, sono almeno tre i fattori che allontanano dallo spauracchio di un’implosione di questo 92 per cento.
1) storicamente, fatta eccezione l’altalena dei prezzi che può colpire alcuni quartieri dei grandi centri urbani, non assistiamo in Italia a riduzioni apprezzabili dei valori nominali degli immobili. Con l’ingresso nell’Unione Europa, e con un’inflazione molto più stabile e contenuta che in passato, questo significa che è presumibile che la stessa dinamica possa essere proiettata anche sui valori reali (al netto, appunto, dell’inflazione);
2) il livello medio di indebitamento delle famiglie (nonostante gli allarmi lanciati da molte associazioni dei consumatori) resta nettamente al di sotto rispetto a quello degli altri Paesi evoluti. Questo perché gli italiani sono storicamente un popolo di risparmiatori che solo di recente stanno volgendo verso una riduzione della propensione al risparmio avvicinandosi, da un punto di vista culturale-finanziario, agli standard delle aree più sviluppate. Questo significa che gli italiani (escluso l’11% di famiglie che sono al di sotto della soglia di povertà che comunque rappresentano un altro lato della medaglia preoccupante e non trascurabile) hanno ancora una quota consistente di risparmi da investire. E questo sarebbe, semmai, una delle precondizioni per il formarsi di una bolla e, non, invece, lo stadio finale della sua implosione.
3) I prezzi degli immobili sono cresciuti in Italia meno che nella maggior parte degli altri Paesi (vedi tabella in alto). (Il Sole 24 Ore-Radiocor-24 minuti)